DA VEDERE
DA VEDERE
PRIMA TAPPA
PRIMA TAPPA
Partendo dalla piazza della Basilica di San Zeno si esce dalla città attraverso le antiche Porta Catena e Porta Fura e si inizia il cammino lungo l’Adige nella meraviglia del creato: l’ombra degli alberi, tra squarci di storia con le ruote idrovore e gli antichi mulini e capitelli ti faranno giungere all’incantevole chiostro francescano del Santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso di Bussolengo, dove potrai trovare riposo e meditare.
La splendida Basilica del Patrono della città di Verona, che oggi si affaccia su una delle più vivaci piazze veronesi, venne realizzata in età romanica. L’antico nucleo religioso paleocristiano era sorto sul luogo di sepoltura del Vescovo Zeno, al di fuori della città, lungo la Via Gallia. La chiesa e il monastero benedettino risalgono al XII secolo.
Ci si può avvicinare per vedere i rilievi scolpiti dai Maestri Guglielmo e Niccolò con episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento, i mesi dell’anno e i lavori, la storia di Re Teodorico a cavallo e il cervo diabolico che lo conduce agli inferi. Due leoni accovacciati sostengono le colonne del protiro e sopra il portale si erge l’immagine del Vescovo Zeno benedicente tra fanti e nobili a cavallo. Il rosone della facciata riprende il motivo dell’alterna fortuna che gira come una ruota. Le famose porte decorate da formelle di bronzo con le scene dell’Antico e del Nuovo Testamento si possono vedere facendo visita all’intero complesso.
Va ricordato che i benedettini di San Zeno erano proprietari di possedimenti nella zona del Baldo e, fin dal Mille, affidarono a monaci eremiti l’area su cui poi sorgerà il Santuario di Madonna della Corona.
San Zeno (300 circa - Verona, 12 aprile 371), ottavo vescovo di Verona, è vissuto nel IV secolo d.C. ed era originario della provincia romana della Mauretania che si estendeva dalla zona occidentale dell’Algeria fino al Marocco. Proprio per questo viene chiamato “il Vescovo Moro”, da cui anche il colore scuro della sua famosa statua conservata nell’Abbazia. Uomo di grande cultura (si era formato alla scuola di retorica africana), visse in austerità e semplicità, tant’è vero che pescava il suo pasto quotidiano nelle vicine acque dell’Adige.
Pur non conoscendo molto della biografia di San Zeno, conserviamo le sue omelie che mostrano come usasse un linguaggio popolare per trasmettere i contenuti della fede, segno dell’attenzione che il Vescovo nutriva per il popolo veronese di cui aveva grande stima tanto da scrivere “Le vostre case sono aperte a tutti i viandanti; sotto di voi nessuno né vivo né morto fu visto a lungo ignudo”.
È ricordato anche per i suoi miracoli. Secondo la tradizione, il primo miracolo fu una scommessa tra il Vescovo e il diavolo: giocarono a palla con la punta di una montagna e, una volta vinto, San Zeno avrebbe fatto portare un fonte battesimale in spalla al diavolo da Roma a Verona. Il secondo fu l’allontanamento dei demoni dalla figlia del Magistrato Gallieno di Rezia. Infine si ricorda il salvataggio degli abitanti di Verona colpiti dalla piena dell’Adige nell’Alto Medioevo: durante il matrimonio del re Autari con la principessa Teodolinda, l’Adige ruppe gli argini e allagò la città, ma giunto alle porte, aperte, della Basilica di San Zeno, il fiume si fermò.
Le leggende legate del Santo Patrono sono ancora oggi significative per chi cammina lungo il Sentiero di Maria perché legano strettamente il Santo al fiume cittadino.
Il fiume Adige, con la sua storia, la flora e la fauna, è l’arteria portante del paesaggio veronese e accompagna, con il suo colore tra verde e azzurro, i pellegrini lungo il Sentiero di Maria. A partire da San Zeno fino alla Sega di Cavaion, l’itinerario risale la corrente seguendo gli argini verdeggianti del fiume per poi staccarsene, ma continuando ad avvertirne la presenza negli scorci e nelle pareti delle montagne scavate dal passaggio millenario delle sue acque, costoni che si fanno sempre più scoscesi verso l’approssimarsi al Santuario della Madonna della Corona.
Con i suoi 410 Km da Passo Resia a Chioggia, il fiume Adige caratterizza profondamente il territorio veronese. Il municipio romano venne edificato all’interno di una delle più belle anse dell’Adige, all’incrocio tra la via Claudia Augusta, che univa le Alpi alla Pianura Padana, e la via Postumia, che congiungeva Genova con Aquileia.
Burchi, zattere e barche hanno solcato le sue acque fino alla fine del XIX secolo, disseminando il suo tragitto di punti di approdo, caselli daziari, mulini, strade alzaie e ponti. Già nel 1866, dopo l’annessione di Verona al Regno d’Italia, la navigazione fluviale andò diminuendo, anche per la concorrenza della ferrovia come mezzo di trasporto più economico. Oggi il fiume scorre all'interno di possenti argini costruiti, dopo la terribile alluvione del 1882, per proteggere la città dalle alterne inondazioni.
Risalendo la corrente, lungo il Sentiero di Maria, è invece possibile ammirare l’Adige nella sua bellezza più naturale e scorgere i segni del suo passaggio, soprattutto nelle sabbie e nei detriti che deposita ciclicamente a seguito delle piene.
La diga del Chievo, dotata di ponte pedonale, fu inaugurata nel 1923. La costruzione venne affidata all'ingegnere Gaetano Rubinelli, ricordato nella lapide marmorea affissa sulla prima torretta di lungadige Attiraglio. Lo scopo principale era quello di elevare il livello dell'acqua dell'Adige per aumentare la corrente del canale Camuzzoni, opera idraulica tra le più antiche del nord Italia, costruita per salvaguardare la città dalle piene dell'Adige e alimentare la centrale idroelettrica di Tombetta che forniva elettricità alle fabbriche di Basso Acquar.
Il ponte-diga si compone di otto arcate dotate di paratie mobili che regolano l’afflusso dell’acqua in ingresso alla città e di una conca fluviale che permetteva la navigazione del fiume consentendo alle imbarcazioni di superare il dislivello tra monte e valle dello sbarramento.
La diga, fatta saltare dai tedeschi in ritirata il 25 aprile del 1945, fu ricostruita come l’originale nel 1946. Dal 2009 è attiva una centrale idroelettrica per la produzione di energia pulita che risponde al bisogno energetico annuo di circa 2.500 famiglie.
Quest’opera di ingegneria idraulica e la sua funzione energetica aprono un filone di riflessione interessante anche per il Sentiero di Maria: il tema della sostenibilità ambientale ed economica in vista di un'ecologia integrale. Qui si produce energia sfruttando il corso dell’acqua. La meditazione sul tema ecologico ritornerà più avanti con le antiche ruote idrovore e con le recenti pale eoliche di Rivoli.
La città di Parona nasce come fiorente porto fluviale, sia per il passaggio dei carichi di legname tra il Tirolo e il Trentino, sia per l’attraversamento da sinistra a destra Adige di prodotti e genti della Valpolicella. Un traghetto o un passo volante, a cui corrispondere la quota di pedaggio, assicurava il passaggio tra le due sponde fino all’inizio del Novecento.
Il ponte della ferrovia è una possente struttura su cui scorrono le rotaie della linea Verona-Brennero, voluta dagli austriaci già nel 1847. La linea fu raddoppiata negli anni Venti del Novecento ed elettrificata nel 1941. Il ponte fu ripetutamente bombardato durante la Seconda Guerra Mondiale.
Lungo il fiume s’alzavano le ruote idrovore che servivano a sollevare l’acqua sfruttando la corrente.
Il sistema idraulico era formato da una grande ruota del diametro di alcuni metri, pescante l'acqua con la parte inferiore, su cui erano montate delle pale che la facevano ruotare e delle tazze che si riempivano d'acqua. Quando i contenitori raggiungevano la parte superiore della ruota svuotavano il loro contenuto in un canale sopraelevato di raccolta.
Lungo il Sentiero di Maria s’incontrano diversi resti di scenografici canali sopraelevati per l’irrigazione nei campi. A Pescantina è stato realizzato il Museo dedicato all'Adige che raccoglie le testimonianze di una cultura profondamente segnata dal rapporto con il fiume, modificata in seguito dalle trasformazioni della società industriale.
La Strada Alzaia fiancheggiava la riva sinistra dell’Adige da Bolzano alla foce. Fino alla metà dell'Ottocento le relazioni commerciali lungo il fiume Adige erano particolarmente intense. Barche di vario tipo, tutte con scarso pescaggio, adatte cioè alla navigazione fluviale, solcavano le acque cariche di merci dirette alle città dell'Adriatico o a quelle del centro Europa. Alla navigazione discendente giovava, ovviamente, la forza della corrente; per risalire il fiume era invece necessario il traino con animali.
Le barche venivano tirate per mezzo di lunghe funi da coppie di cavalli lungo la strada che costeggiava il corso dell'Adige: detta "del tiraglio", o "alzaia", o ancora "cavalara", la strada era elevata fino all'altezza della linea di guardia, larga mediamente un paio di metri e sostenuta da robuste murature. Lungo il suo corso, a intervalli regolari (10-15 km), si trovavano le "restare", stazioni nelle quali era possibile sostituire gli animali affaticati e dove i "barcari" trovavano l'alloggio e l'osteria.
La Strada Alzaia oggi si ritrova in diversi punti costeggiando l’Adige. Nel territorio di Pescantina correva lungo le anse del fiume, interrompendosi soltanto in corrispondenza dei progni (piccoli corsi d’acqua che scendono dai monti Lessini) e presso la piazza del paese che facevano da luogo di smistamento delle merci.
Pescantina è un comune della Valpolicella affacciato sulla sponda sinistra dell’Adige che deve il suo nome da “pescante” che ricorda le attività ittiche e fluviali. Le imbarcazioni prodotte nei cantieri locali, tra cui il burchio e la tipica “barca Pescantina” col fondo piatto adatto alla navigazione in acque poco profonde, trasportavano merci di ogni tipo dal Trentino all’Adriatico e viceversa.
Nella seconda metà dell’Ottocento il traffico via acqua fu soppiantato dalle rotaie della ferrovia; da allora si affermò nella campagna la coltivazione del pesco che divenne la più tipica espressione economica del territorio.
San Rocco (Montpellier 1346 - Voghera 1379) è un Santo pellegrino e taumaturgo, ovvero guaritore, invocato a protezione dalla peste perché nel suo pellegrinaggio in Italia soccorse i contadini appestati piuttosto che darsi alla fuga. Per lui camminare significava incontrare, farsi prossimo, cercare chi era in difficoltà, rischiare.
La Chiesa di San Rocco risale probabilmente al XIII-XIV secolo. Il portale di bronzo è moderno e rappresenta i simboli con cui il Santo è ricordato: il bastone e la bisaccia del pellegrino, il fedele cane che lo soccorreva nelle condizioni di bisogno estremo, il pane che lo nutrì mentre era malato a memoria dell'Eucaristia quale sostegno del cammino. L’edificio in passato è stato spesso allagato dagli straripamenti del fiume. L’interno è semplice e ben curato con frammenti di pitture murali e un altare barocco con le statue di San Rocco e San Sebastiano. Proprio di fronte alla chiesa si trova il palazzetto detto Ca’ del Comun, già sede municipale nel medioevo e oggi sede della biblioteca. Sulla facciata è murato il Monumento ai Caduti delle due guerre mondiali, mentre sul lato sinistro sono segnati i livelli raggiunti dell’Adige durante alcune piene eccezionali, dove la tacca più alta porta la data 1567.
Santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso
Santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso
Via Ospedale, Bussolengo (VR)
GPS: 45.47567071180915, 10.850285730690919
Via Ospedale, Bussolengo (VR)
GPS: 45.47567071180915, 10.850285730690919
Via Ospedale, Bussolengo (VR)
GPS: 45.47567071180915,
10.850285730690919
Questo Santuario mariano, posto a fianco dell’ospedale Orlandi, pone al centro della devozione popolare l’immagine di Maria Madre del Perpetuo Soccorso che ha la sua antica origine a Creta e che trovò ampio seguito nel Rinascimento grazie ai frati dell’Ordine di Sant’Agostino. Papa Pio IX nell’Ottocento, per promuoverne il culto legato a questa icona, la affidò alla Congregazione del Santissimo Redentore. I padri iniziarono così a farne una copia identica all’originale da venerare nei luoghi dove inauguravano case e cappelle. L’icona del Santuario di Bussolengo giunse nel 1875 quando i Redentoristi portarono da Roma la 207ª copia della sacra icona autenticata, benedetta da Pio IX.
Le prime notizie di un luogo di culto in località "le Bastie" risalgono all’VIII secolo. Nel 1474 vi fu consacrata una Chiesetta dedicata a San Valentino. Verso la fine del Cinquecento la Chiesa fu intitolata a San Zeno fino all’arrivo dei francescani zoccolanti di san Francesco che tra il XVI e il XVII secolo la ricostruirono e vi affiancarono un monastero. La Chiesa subì l’abbandono forzato sotto le soppressioni napoleoniche, ma riprese vitalità grazie all’interessamento di Don Giuseppe Turri che riuscì ad ottenerne la riapertura dal governo austriaco e invitò i padri Redentoristi a officiarla.
Il complesso odierno del santuario, diventato diocesano nel 2005, si compone dell’edificio di culto e del complesso francescano di cui resta integro il meraviglioso Chiostro dalle lunette dipinte dai Muttoni, padre e figlio, con episodi della vita e della leggenda di san Francesco. Il complesso che oggi vediamo è frutto di ristrutturazioni moderne che hanno portato anche al restauro e all’ampliamento dell’edificio sacro nella metà del Novecento.